
Quando Umberto, con lo sguardo appoggiato all’orizzonte, ci dice “non vi ricapiterà più!”, non è facile capire cosa intenda
se i dieci nodi e mezzo che lasciano la lettura indisturbata, o i racconti di vita che diventano sequenze di film, o le lezioni di scrittura a bordo d’acqua che inseguono le suggestioni. O se, invece, intenda le notti sopra il boma che ci culla tra il mare e le stelle, o la petrosa Itaca che ci affianca silenziosa ricordandoci che siamo in viaggio, o il vento che intravediamo, in lontananza, mentre increspa il blu. O se forse intenda la pazienza, la condivisione, il sostegno, che impariamo quando, a bordo, diventiamo equipaggio. O il coraggio e la tenacia contro il sole caldo e la profondità del mare. O se, invece, intenda quella sensazione di vertigine quando si arriva a terra — il “cosiddetto” mal di terra — perché ormai il mare lo respiri, ti diventa sangue, e lo diventi tu. Il mare, su Moana, lo diventi tu.
Forse, quello che non ci ricapiterà più è il destino di esserci ritrovati qui, di non esserci scelti, di esserci tuffati nel blu senza vedere cosa ci fosse sotto. Per fortuna, ad aspettarci c’erano l’autenticità di un capitano, e la dolcezza del suo secondo, e l’ironia di un maestro, e la prontezza e la disponibilità di uno e tutti.
Con lo sguardo appoggiato all’orizzonte, Umberto ci parla del paradosso di una storia. Lo cerchiamo assieme, prima con difficoltà, avanzando a tentoni, e poi con più sicurezza, a testa alta.
Ed è qui, che nasce anche il nostro paradosso — nel cercare altrove quello che c’è già, nel voler unire contrari e opposti di fantasia quando siamo già tutti uniti. Eccolo, l’ultimo paradosso: partire per tornare, per poi non voler tornare più.
Anna Montagner Nav una storia 1 – 2025 Itaca